Barbara Bonomi Romagnoli | Memorie condivise per tasselli di futuro
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Memorie condivise per tasselli di futuro

La mappa è lì, appoggiata sui tavolinetti tondi del Giardino. Quando entro e la vedo subito penso a Liana, ai suoi quaderni fitti di appunti dalla scrittura minuta, ai suoi sorrisi e sussurri, alle sue mappe concettuali, sentimentali e politiche.

È il 3 dicembre 2022 e ci ritroviamo di nuovo a Firenze, al Giardino dei Ciliegi per una due giorni dal titolo “Diffrattivamente, con amore. Per condividere ancora le eredità plurali di Liana Borghi” e per far sì che l’affetto circolare e performativo che proviamo per lei, scomparsa nel 2021, crei nuove mappe e tessiture.

Apre i lavori Clotilde Barbarulli, emozionata nel dire che «ricordare Liana significa mettere in luce la sua inesauribile curiosità di conoscenza, la sua apertura a teorie di vari campi, il suo desiderio di farsi attraversare da saperi diversi e la sua generosità nel farli circolare».

Sta a noi fare da ponte con chi non l’ha conosciuta, chi non ha idea di chi sia e di quanto fosse “pungolatrice” così la ricorda Pamela Marelli che guida la prima tavola rotonda, riportando alla mente di tutte, l’esperienza di Villa Fiorelli e delle scuole estive ideate per diversi anni da Liana e Clotilde.

È da questo avvio di conversazione che scopriamo che le mappe distribuite sui tavoli le ha messe Roberta Mazzanti «per smarrirmi meglio – afferma – nel cercare di rintracciare le letture condivise con Liana».

Ed ecco che si apre a noi un arcipelago di suggerimenti che tiene insieme opere sovversive, contro-narrazioni in una commistione continua di generi e geografie letterarie, per uscire «dai sentieri battuti e andare incontro a zebre, balene e altre amate creature».

Fino ad arrivare a quelle che Monica Farnetti definisce le trasposizioni di Liana, nel suo essere un «vettore di trasmissione scintillante e inseparabile dalle persone che ha trasformato con la sua intelligenza». Soprattutto, sottolinea Farnetti, Liana è stata capace di stare “between”, fra le culture, nei crocevia, in quella che può essere definita la sua formula dell’esistenza.

E, ancora, non si può non nominare, conclude Farnetti, quanto Liana fosse l’amica “con-geniale” per eccellenza, amicizia come relazione in cui ognuna fa risplendere le doti dell’altra.

Non è certo facile, da queste premesse, parlare di eredità, parola scomoda su cui in molte nutriamo dubbi, per via delle intersezioni che si creano fra personale e politico, sentimentale e concettuale, materiale e spirituale: prova a tracciare una via Samuele Grassi, delineando le utopie (im)possibili condivise con Liana, dalla pedagogia disobbediente all’intercultura di genere, dalla socialità amorevole allo sguardo sempre attento alla complessità, dal disimparare per imparare altrimenti alla sottrazione nella discontinuità con la tradizione, dall’anarchia come movimento di latenza alla critica queer delle istituzioni.

Da tutto questo è possibile partire per riparare anche quelle che Liliana Ellena chiama «le fratture che ci attraversano – pandemia e guerra – e che creano un groviglio», e che possiamo collettivamente assemblare negli archivi, per creare zone di turbolenza per una memoria non convenzionale e non omologata. Così che si possa dire con Federica Frabetti che «una idea cresce se la collettività la prende e la vive» e se impariamo, nel solco di Liana, a operare cesure fertili negli studi culturali.

È quasi finito il primo giorno di memoria condivisa quando irrompe nella presenza della sala dei Ciliegi, l’intervista a distanza a Sara Ahmed a cura di Maria Nadotti e tradotta da Giada Bonu. La potenza di Ahmed nel delineare quello che lei chiama lo “sbrocco collettivo” getta energia nella sala, quasi che facesse da collante a tutto quello che è stato detto per pensare assieme Liana, in quel linguaggio delle relazioni che Marco Pustianaz traccia nel dare avvio alla seconda giornata di riflessioni comuni, coordinate da Antonella Petricone.

Pustianaz mette in luce una limpida verità: chi ci lascia, lascia un modo di abitare il mondo. E noi abbiamo contezza di come Liana ha abitato i femminismi e di come il suo desidero di fare mondo si connetta con la consapevolezza che è necessario costruire memoria, non fermarsi semplicemente al ricordo.

È per questo che in molte hanno deciso di partecipare ad una prima opera collettiva dedicata a Liana, si tratta di “Tessiture. Il pensiero fertile di Liana Borghi” (Fandango, 2023) a cui hanno contribuito Le Acrobate (Elisa Coco, Pamela Marelli, Antonella Petricone, Alessia Rocco, Filippo Rebori), Elia A.G. Arfini, Clotilde Barbarulli, Elena Biagini, Rachele Borghi, Elena Bougleux, Rosi Braidotti, Renato Busarello_Laboratorio Smaschieramenti, Monica Farnetti, Paola Fazzini, Nina Ferrante, Federica Frabetti, Samuele Grassi, Francesca Manieri, Giuliana Misserville, Maria Nadotti, Monica Pietrangeli, Marco Pustianaz, Cristina Raffo, Nicoletta Vallorani, Federico Zappino.

Una biografia collettiva, come l’ha definita Elvira Federici nell’introdurre il dibattito conclusivo del weekend, ma anche un “libro come una casa” in cui ritrovarsi, per usare le parole di Maria Nadotti. O quando, ricorda Elena Biagini, pensare a Liana significa pensare anche a quelle situazioni create da lei per metterti un po’ al muro, impossibile dirle di no su un progetto, un’idea. O sulle domande continue che poneva a chi, come Elisa Coco, ha aperto la sua danza femminista proprio nell’incontro e incastro con Liana e le altre Fiorelle conosciute alle scuole estive. Del resto, e non può non sottolinearlo Elena Bougleux, il campo gravitazionale di Liana aveva un obiettivo: aggregare forme di pensiero, anche per mettere in discussione la scienza attraverso la narrativa femminista. Una sfida non da poco certo, come quella rilanciata da Gaia Giuliani che si/ci chiede: come passare dalla micropolitica degli affetti alla macropolitica delle lotte? Come configurare un orizzonte di alleanze?

Una possibile risposta c’è l’ha data Clotilde Barbarulli all’apertura: «occorre essere guardingh* verso i propri schemi mentali con i quali necessariamente esploriamo il mondo poiché questi possono facilmente diventare una prigione, norma schema ripetizione slogan». E, conclude Barbarulli: «ci auguriamo che con questo incontro si creino quelle emozioni che si muovono tra corpi e segni e fanno delle cose, immaginano tasselli di futuro».

Siamo ripartite tutte con l’idea che sì, si possono immaginare tasselli di futuro, pensando a Liana e, come ha avuto modo di dire Elia A.G. Arfini, “fidandoci ancora una volta di lei”.

 

 

pubblicato su Letterate Magazine



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