Barbara Bonomi Romagnoli | “Le donne? Tutte viziose”. Christine de Pizan riscritta 600 anni dopo. Intervista a Silvia Ballestra
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“Le donne? Tutte viziose”. Christine de Pizan riscritta 600 anni dopo. Intervista a Silvia Ballestra

«Sembrano tutti parlare con la stessa bocca, tutti d’accordo nella medesima conclusione, che il comportamento delle donne è incline ad ogni tipo di vizio»: è da questa considerazione che Christine de Pizan, scrittrice francese di origine italiana della fine del Trecento, prende l’avvio per scrivere uno dei suoi testi più famosi, La città delle dame, in risposta a testi, a dir poco misogini, di Giovanni Boccaccio e Jean de Meung in cui si ripeteva che le femmine son tutte opportuniste, subdole e bugiarde.

Sono passati più di seicento anni e nonostante l’umanità abbia fatto diversi progressi, le donne, in stragrande maggioranza, sono ancora considerate di serie B, in molte fra le poche che raggiungono posizioni apicali lo fanno scimmiottando gli uomini e Chiese di varie fedi continuano a voler dire la loro su corpi e desideri femminili.

Lo sa bene Silvia Ballestra, scrittrice dalla penna ironica e affilata, che dopo aver già scritto testi appassionati sulla condizione delle donne [Contro le donne nei secoli dei secoli, Piove sul nostro amore. Una storia di donne, medici, aborti, predicatori e apprendisti stregoni] torna con un lungo racconto proprio su Christine de Pizan e la sua opera più nota, in cui sono protagoniste alcune figure femminili del passato, da Semiramide di Babilonia a Pentesilea, da Didone a Cornificia, da Cassandra a Novella.

Il volume Christine e la città delle dame è appena uscito per Celacanto – Collana Laterza per Ragazzi [e ragazze, sarebbe ora di dirlo] con le immagini affidate al tratto fine e accurato di Rita Petruccioli, giovane e promettente illustratrice.

Formato grande e disegni a tutta pagina fanno pensare ad un libro per piccini, poi basta gettare un occhio al testo per notare un lessico articolato, non propriamente da favola perché l’intenzione dell’autrice è doppia: considerare il volume un vero libro di storia e usarlo per una lettura condivisa. Una bambina, un bambino con accanto un adulto a spiegare le parole più difficili o i concetti più astratti. Per gustare insieme il piacere della lettura e del gioco. E immaginare una città dove le donne abbiano lo spazio e il riconoscimento che si meritano, non per magnanima concessione ma perché ne sono cittadine a pieno titolo.

Se non sbaglio è la prima volta che scrivi per ragazze e ragazzi, da dove è nata questa idea?
«Sì, è la prima e forse anche l’ultima [ride di cuore, n.d.r.]. È un’impresa molto delicata e di grande responsabilità, puoi rischiare di fare anche dei danni. L’idea è della casa editrice, personalmente non conoscevo il personaggio, ho scoperto poi che Christine è molto studiata in Francia e a Bologna, città dove aveva studiato il padre. Da scrittrice che ama la storia delle donne mi sono messa a studiare il più possibile e ho scelto poi di restituire anche gli aspetti della vita quotidiana di Christine, alle prese con tribunali dopo essere rimasta vedova con due figli e una figlia».

Come avete lavorato con Rita Petruccioli, in tandem o prima l’una poi l’altra?
«Prima ho scritto il testo, poi lo ha preso in mano Rita e ha deciso tutto lei per le illustrazioni. Del resto, a differenza mia, lei aveva già lavorato per questo tipo di editoria. Penso di poter dire che ha funzionato».

Nell’opera di Christine è centrale il tema dell’educazione, l’importanza che le donne siano istruite ma anche raccontare la storia delle donne. Che accoglienza stai avendo nelle scuole?
«Il giro nelle scuole elementari e nelle librerie è appena cominciato, ma già stanno uscendo fuori esperienze interessanti e divertenti. È necessario ricostruirgli il contesto, perché non è detto che sappiano cosa fosse il Medioevo, anche per via dei nuovi programmi scolastici, per cui inizio raccontandogli un po’ come funzionava in quell’epoca lì. Poi si gioca a mettere figure dentro la «città delle dame» di oggi e come sempre i ragazzini e le ragazzine stupiscono. Uno mi ha detto che non può mancare la monaca che ha inventato i biscotti Pavesini! Accanto alle figure più scontate – la mamma, la nonna – c’è Samantha Cristoforetti, J.K. Rowling, l’autrice di Henry Potter. C’è anche chi ci vorrebbe Michelle Obama. O Belen, in quel caso magari gli chiedo di lasciar fuori la tv…».

Le muse che accompagnano Christine nella costruzione della sua città sono Ragione, Rettitudine, Giustizia. Come spiegarlo a bambine e bambini che vivono il tempo di oggi?
«Parto da cosa significano quelle parole e poi amplio il discorso. Per esempio, insisto molto sulla toponomastica, chiedendo se conoscono vie dedicate alle donne nelle città dove vivono. E ti assicuro che si rendono conto dello squilibrio – e ingiustizia – anche se sono piccoli. Le parole o immagini un po’ fuori tempo, penso ad esempio al ruolo della Vergine Maria, le ho mantenute anche per tenere fede al testo di Christine».

La storia di Christine suggerisce un altro valore: l’esempio, il ben fare. Gli editori Laterza pubblicano questo testo ma organizzano un Festival dell’economia a Trento dove su oltre 200 relatori meno di 50 sono donne.Non si potrebbe cominciare a dare un altro esempio?
«Sono stata a Trento e credo sia uno dei pochi festival a dare spazio alle donne. Ne vedo poche nei premi letterari, nelle prime pagine di giornali, nei dibattiti politici in tv, in quei casi davvero c’è da stare sempre con il pallottoliere in mano, pronte a contare. Temo in generale che stiano peggiorando le cose, l’onda lunga degli anni Settanta si è fermata del tutto. Ora c’è un vero riflusso, lo vediamo su diversi fronti: il lavoro, i diritti, l’aborto. È indubbio che resta il problema della mancata rappresentanza, così come è vero che le cose se non le racconti non esistono: non si conosce la storia delle donne perché non la si racconta. È necessario spezzare il circolo vizioso, se mai si comincia a occupare lo spazio pubblico mai lo sapremo. E siccome gli uomini lo spazio non te lo danno – vista dal loro punto di vista, perché dovrebbero? – credo cha la via sia solo quello di prenderselo. Senza mai aspettare che siano loro a darcelo».

Pubblicato su 27ora-Corriere della Sera



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