Barbara Bonomi Romagnoli | “Non mi sono ancora Espresso. Ecco cosa penso davvero di Berlusconi” – intervista a Dario Fo
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“Non mi sono ancora Espresso. Ecco cosa penso davvero di Berlusconi” – intervista a Dario Fo

«Nessuna Guerra è santa, nessuna guerra è giusta: Francesco d’Assisi, giullare di Dio, avrebbe detto questo e io lo ripeterò più volte, stasera a teatro». Dario Fo ci accoglie con queste parole, un po’ affaticato ma pungente come sempre. A Roma per un’intensa settimana di spettacoli con Franca Rame, da “Mistero buffo” a “Fabulazzo osceno”: festeggiano cinquant’anni di vita in comune. Per questo il Premio Nobel italiano non potrà andare a Porto Alegre, dove era stato invitato, “e avrei voluto essere lì”. Fo è convinto che “l’importante è non accettare il silenzio: bisogna manifestare non tanto nel senso di marciare, quanto di comunicare, rendere partecipe la gente, mettere in rete i saperi”. Soprattutto ora che al governo c’è Berlusconi, che tanto preoccupa anche i nostri colleghi della televisione France 2, insieme ai quali abbiamo chiesto a Fo di spiegarci meglio i suoi timori.

In un articolo di poche settimane fa, hai parlato di “nuovo fascismo” in Italia. Cosa intendi precisamente?
Mi riferisco al sapore, alla gestualità, al clima di questi giorni, che ricorda il fascismo. Alludo all’arroganza di certe frasi, come “guai ai vinti”, che già tra i romani indicava la perdita di ogni valore di civiltà. E al potere di Berlusconi, all’uso che ne fa: avvalersi dei propri avvocati, che a loro volta muovono il primo ministro, per far allontanare un giudice che segue un processo nel quale è implicato. Gioca come il gatto con il topo con il conflitto di interessi. Rilancia pure, con la proposta di vendere due televisioni di stato e finalmente avere spazio libero. Di colpo, diventa l’arbitro della vendita delle televisioni pubbliche: una manovra di un cinismo incredibile, passata in sordina. Il capo di Forza Italia e del governo non ha semplicemente in mano la televisione ma la pubblicità, che è il canale che muove tutto. Questo assomiglia molto al fascismo, ossia alla distruzione della dialettica, alla messa al bando dei partiti, ai giornali controllati e alla censura: oggi c’è una sotteranea, agile macchina che è analoga, negli effetti. Solo all’estero Berlusconi può andare dicendo che la tv è in mano alla sinistra, una favola… Quando poi ci sono le trasmissioni di Vespa, da sempre grande tirapiedi di Berlusconi , dove si fa il processo ai giudici. In un paese civile non accadrebbe.

L’Europa è molto attenta all’Italia. È azzardato paragonare Berlusconi a Mussolini? Per non parlare di Fini…
Mussolini si era appropriato della radio e dei giornali, aveva in mano l’esercito…Allo stesso modo, Berlusconi ha un potere che non può essere accettato in un paese democratico, possiede e controlla dalla vendita delle cassette alle televisioni, dai giornali fino alle banche e alle assicurazioni. Fini in realtà è un secondo, terzo attore. Ora si è lanciato verso l’estero e si è rifatto un look da democratico, da europeista convinto. Invece ci sono personaggi vicini a Bossi molto più pericolosi.

Sei stato critico sia nei confronti della sinistra di governo che verso gli intellettuali. Cosa non gli “perdoni”?
L’opposizione, quando era al governo, aveva in mano una carta importante, sacrosanta, che parlava a tutti, di destra e di sinistra: il conflitto d’interessi. Non è una cosa vaga, riguarda la nostra Costituzione. Si trattava di scrivere una legge che regolamentasse questo. Oggi Berlusconi ci prende per il naso, farà un papocchio nel quale cercherà di dimostrare che è in regola, e che alla fine non servirà a niente. La maggior parte degli intellettuali, di fronte a questo, tace. Non ci si indigna, si aspetta: eppure avevamo una grande tradizione di intellettuali, dai letterati ai pittori ai cantanti, che si esponevano. Molti sono passati al seguito di Berlusconi, con la scusa che chi non cambia idea è stupido. Si può e si deve cambiare idea, ma senza perdere dignità e rispettibilità. La maggioranza di loro è come se fosse in letargo.
Per fortuna ci sono i giovani e gli operai, nonostante siano stati massacrati, bastonati da questo “regime”, perché siamo di fronte a questo, non a un governo. I giovani si muovono con grande slancio. Un’inchiesta che leggevo tempo fa diceva che il 75 per cento dei giovani è contro questo governo. Se anche gli uomini maturi lo fossero saremmo un pezzo avanti, invece dormono sul loro ventre, vale per loro lo stesso discorso che facevo per gli intellettuali.
I giovani hanno capito la gravità della svendita della scuola, mentre gli adulti sono interessati a inserire i propri docenti e programmi, ossia a costruire il meccanismo che prepari i dirigenti del futuro per le sfere del potere.

Perché, secondo te, la maggioranza sopporta ancora Berlusconi?
Si, sopporta, però è un po’ come con la macchina da scrivere: fino a vent’anni fa tutti la usavamo, poi, di colpo, arriva qualcosa di straordinario come il computer. Chi non ha colto la trasformazione e ha continuato a voler lasciare le cose come stanno, è stato travolto. Berlusconi non ha capito che i tempi sono mutati, non lo ha capito per quanto riguarda la crescita dei popoli sottomessi e la vita dei migranti, non ha capito che il mondo è globale non nel senso di allargamento del mercato, come vorrebbe lui. In realtà si è allargato il pensiero, è aumentata la comunicazione, lo scambio di idee. Io mi spavento sempre quando mi ritrovo a parlare con le cosiddette minoranze, comunità sparse per il mondo che rivendicano le loro istanze: mi rendo conto di quanto siano vicine e presenti a noi, più di quanto non si possa pensare.

Cosa ti aspetti dal secondo Forum sociale di Porto Alegre?
Spero che si allarghi e non diventi un marchio alla moda, e che la gente si informi, che cresca lo slancio, che si evitino le provocazioni e soprattutto non si cada nelle trappole. In quei casi bisogna essere agili. A Genova, per esempio, Franca e altri avevano proposto di cambiare città, perché “loro” aspettavano proprio quello che è successo, invece bisogna spiazzarli, loro e i provocatori alla Black Bloc.

L’Espresso ha scritto che il movimento è andato a Porto Alegre perché è in crisi…
L’Espresso è diventato un giornale assurdo. Una volta intuiva le situazioni, oggi si è specializzato in una stupida ironia su tutto ciò che è “vivo”. Non è da prendere in considerazione. Sfottono perché non hanno più nulla da proporre, forse è l’Espresso ad essere in crisi. Dovrebbero rifletterci su.

Qual è secondo te l’orizzonte politico del movimento italiano, unico nella sua particolarità data dai forum sociali, dalle reti che da anni lavorano sul territorio…È verosimile che metta in crisi il governo Berlusconi?
Se si parte dall’idea di abbattere immediatamente il potere si commette un errore tattico e strategico insieme. Quello che è in atto si deve realizzare, non deve galleggiare o pensare di travolgere montagne, si deve radicare profondamente nel pensiero e nei ragionamenti della gente: quello che manca è l’informazione, il coinvolgimento di più persone possibile. Un movimento non deve essere solo emotivo, ma cosciente. E che sappia fare, che proponga cose vive, non scontate, che susciti altre immaginazioni. Soprattutto i forum, i gruppi, i centri che nascono, sono più importanti di una kermesse. Porto Alegre è anche questo: andiamo a vedere quanti siamo, però l’importante è ascoltarsi. Accorgersi che si è numerosi è importante ma non basta. Mi sarebbe piaciuto andare per attingere idee, soluzioni, modernità…Davanti ad una sinistra che litiga sulle caramelle, su problemi di elezioni, di posti di potere, bisogna fare come con la marcia Perugia-Assisi. Quello è stato uno spiazzamento grande, non c’erano i partiti e la sinistra istituzionale, alcuni dei loro dirigenti sono venuti a titolo personale ma si sentivano “fuoriluogo”: giustamente sono stati sfottuti ed è stata denunciata la loro politica.

(pubblicata su Carta n°5/2002, www.carta.org)



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