Barbara Bonomi Romagnoli | book
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Poco raccomandabile

Nel tempo della guerra dichiarata alla presunta “teoria del gender” la graphic novel di Chloé Cruchaudet andrebbe indicata come testo da studiare, dalle scuole medie e fino anche all’università. È un testo di rara bellezza, nell’intreccio fra parole e immagini virate seppia e qui e là sprazzi di rosso a indicare il sangue della guerra e della passione, il colore dell’amore e della trasformazione, un rosso vermiglio mai pieno ma sempre caldo ad accompagnare le linee morbide del tratto e una narrazione che scorre veloce.

La macchina che abbraccia

“ – Se potessi decidere di non essere più autistica così, in un attimo, premendo un interruttore, mi rifiuterei – dice oggi Temple – L’autismo è parte di ciò che sono. È una cosa importante da dire. Io non mi offendo se mi paragonano ad un animale – spiega Temple. – Le mucche e i cani hanno caratteristiche ammirevoli. Non scatenano guerre spaventose dove moltissimi esemplari della loro specie vengono torturati o uccisi. Sono gli animali con il cervello più complesso, come gli scimpanzé, i delfini e gli uomini che si comportano nei modi più crudeli fra loro”.

A rileggere queste righe, nei giorni di Ventimiglia e della disperazione di migliaia di migranti, vengono i brividi. Sono le parole romanzate di Temple Grandin, nota docente della Colorado University affetta da autismo fin da bambina, protagonista anche di un racconto di Oliver Sacks.

“Le donne? Tutte viziose”. Christine de Pizan riscritta 600 anni dopo. Intervista a Silvia Ballestra

«Sembrano tutti parlare con la stessa bocca, tutti d’accordo nella medesima conclusione, che il comportamento delle donne è incline ad ogni tipo di vizio»: è da questa considerazione che Christine de Pizan, scrittrice francese di origine italiana della fine del Trecento, prende l’avvio per scrivere uno dei suoi testi più famosi, La città delle dame, in risposta a testi, a dir poco misogini, di Giovanni Boccaccio e Jean de Meung in cui si ripeteva che le femmine son tutte opportuniste, subdole e bugiarde.

Sono passati più di seicento anni e nonostante l’umanità abbia fatto diversi progressi, le donne, in stragrande maggioranza, sono ancora considerate di serie B, in molte fra le poche che raggiungono posizioni apicali lo fanno scimmiottando gli uomini e Chiese di varie fedi continuano a voler dire la loro su corpi e desideri femminili.

Chi sono i 30/40enni, alternativi, ma pure un po’ conformisti?

L’amicizia ai tempi di facebook ha molti volti, c’è chi nelle relazioni virtuali trova soddisfazione e godimento, chi è in bilico e cerca un equilibrio fra la tastiera e gli aperitivi in carne ed ossa, chi cerca nell’amicizia quel sostegno che non trova altrove, relazioni amicali che magari sostituiscano famiglie tradizionali incapaci di nuove forme di vita, di stare assieme senza schemi predefiniti: così accade nel nuovo romanzo di Paola Soriga, La stagione che verrà [Einaudi, 2015], dove Dora, Agata e Matteo, tutti originari della Sardegna, tornano a vivere nello stesso appartamento a Cagliari dopo essere stati diversi anni lontani dall’isola per studiare, viaggiare, lavorare.

Le donne hanno un posto per tutto

Mi sono avvicinata alla lettura di questo volume con prudenza e un po’ di sospetto, lo ammetto. Il tema della maternità è scivoloso e anche un po’ di moda, in un paese in cui si chiede alla maggioranza delle donne di essere buone madri e buone mogli e dove le aspettative sociali rispondono a modelli precostituiti che riducono la scelta [o l’impossibilità] di non riprodurre la specie a velleitari egoismi o commiserevoli imperfezioni. Con in sottofondo il solito paradossale leitmotiv: da una parte la santa mamma italiana che tutto vede e provvede, dall’altro politiche che negano diritti e possibilità alle eventuali future madri.

Da questa premessa e per di più essendo una ‘senza figli’, la lettura di Madri comunque di Serena Marchi si è rivelata invece una piacevolissima sorpresa, per lo stile asciutto mai enfatico, perché la carrellata di ritratti è davvero rappresentativa delle differenze e perché, come afferma Pedro Almódovar in epigrafe: “le donne sanno nascondere un cadavere e affettare i peperoni: hanno un posto per tutto”.

La scelta giusta. Il nuovo romanzo di Nadia Terranova

“L’università aveva dischiuso ad Aurora i propri cancelli insieme a un intero mondo di manifestazioni e collettivi. Lei ne fu frastornata, ma non tanto da lasciarsi scappare la prima occasione di tradire il padre: trovare conforto e speranza in una fede politica opposta. Da ragazzina Aurora non pensava che fosse possibile avere sul divorzio, o peggio sull’aborto, idee diverse da quelle respirate a casa e a scuola. Lei stessa, a tredici anni, disegnava svastiche sul diario cercando approvazione in famiglia. Entrando all’università, dalla dittatura del pensiero unico fu catapultata al mercato delle idee. C’erano il femminismo, il trotskismo, l’anarchia. Aurora si chiese cosa si nascondeva dietro a ognuna di quelle promesse di libertà e decise di prendere tempo per fare la scelta giusta”.

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