Barbara Bonomi Romagnoli | Zoom rivoluzioni – #FEMMINISMO
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Zoom rivoluzioni – #FEMMINISMO

Musica di sottofondo, luci soffuse. Fuori, il viavai dell’isola pedonale si confonde con la pioggia. Dentro, il calore di Tuba (www.facebook.com/libreriatuba), bazar erotico e libreria delle donne, oltre che bar aperto a tutti i sessi. È uno dei luoghi a Roma dove incontrare di persona chi si dice femminista, o anche solo cercare un sex toy per una amica. Viola LoMoro, 27 anni, lavora qui e sorride timidamente.

Lei preferisce incontrarsi faccia a faccia con le donne, piuttosto che stare su Facebook e Twitter, ma non ha dubbi: la rete è l’arma appuntita delle nuove generazioni (pensate a #sessismo dopo le uscite infelici di Carla Bruni sul femminismo). Le chiedo che cosa legge, risponde che segue volentieri le autrici di Femminileplurale (femminileplurale.wordpress.com), inGenere (www.ingenere.it) e Femminicidio (femminicidio.blogspot.it), il blog di Barbara Spinelli, avvocato di Bologna. E Viola non è sola, conferma Monica Pepe, blogger e ideatrice di Zero Violenza Donne (www.zeroviolenzadonne.it): «Il legame fra i nuovi femminismi italiani e il web è strettissimo: i social media hanno spinto le ideologie a una rapida accelerazione, modificandone – se non le intenzioni – il linguaggio. Ormai anche le donne e gli uomini che manifestavano negli anni ’70 hanno capito, e si sono buttati su Internet come i loro figli e nipoti. È interessante osservare l’interazione tra le blogger femministe e l’informazione più istituzionale: ci si scambiano dati, si moltiplicano le possibilità di azione e di comunicazione visiva, si avviano condivisioni molto più creative che in passato». Di quanta gente stiamo parlando? Non esiste ancora un vero censimento di questi gruppi sul web (non sempre i collettivi si linkano a vicenda), ma secondo la Rete delle reti femminili (www.retedelledonne.org) sono già attivi in Italia 311 blog di donne che parlano alle donne, ai quali si aggiungono infiniti rimandi a spazi virtuali su argomenti confinanti (donne ecologiste, diritti delle bambine, circuiti glbt).

«È un’umanità interessante, con argomenti validissimi, ma difficile da stanare», racconta Laura Mango, 28 anni, laurea in Biblioteconomia. «Lo dico per esperienza: ho fatto la tesi specialistica sul cyberfemminismo e ho passato mesi a cercare il materiale online. In pratica ho dovuto spulciare sito per sito e, quando si è trattato di concordare delle interviste, ho avuto la disponibilità di una minoranza. Peccato, perché molti dei loro spazi, estremamente stimolanti, sono destinati a restare indirizzi di nicchia». Eppure le informazioni circolano. «È come se chi è interessato all’argomento trovasse comunque la sua bussola per orientarsi», continua Monica Pepe. «C’è una mappa, che nessuno ha mai disegnato, ma che chi si occupa di comunicazione e di relazione tra i sessi conosce». Il lancio in rete di campagne, iniziative e riflessioni, complici a volte un semplice # su Twitter o la creazione di un evento su Facebook (pensate al flash mob mondiale di One Billion Rising), ha rivoluzionato l’approccio a temi come la pubblicità sessista e il femminicidio. Iniziative come Se non ora quando? (Snoq), manifestazione che ha portato in piazza migliaia di donne per difendere la dignità del corpo femminile, sono state possibili grazie al lavoro quotidiano delle blogger attive su questi fronti da anni. E fra di loro, anche delle insospettabili, donne che non fanno del femminismo la loro bandiera, come Valentina Maran, 35 anni, che gestisce contemporaneamente il blog di sesso di un mensile femminile ma anche un blog di resistenza alla pubblicità sessista (uomochemilava.blogspot.it).

«Condivido la scelta: sono convinta della necessità di mixare le forme di comunicazione possibile, dal giornalismo mainstream ai linguaggi innovativi», afferma Giovanna Cosenza, professoressa di Semiotica e Semiotica dei Nuovi Media all’Università di Bologna. «Il neo/post-femminismo, comunque si voglia chiamarlo, usa Internet come un cavallo di battaglia, il mezzo per infilarsi tra i nemici e coglierli di sorpresa. Sono per l’inclusione e l’utilizzo di tutti i media: l’importante è far passare il messaggio. Dove, è presto detto: in Italia ci sono circa 23 milioni di utenti Facebook, e la maggioranza sono profili attivi, ai quali si aggiungono 4 milioni di iscritti a Twitter, di cui però solo la metà sono attivi. Quindi, oggi è Fb il posto dove le questioni di genere viaggiano veloci e si diffondono in maniera virale».

E fin qui, il fenomeno in chiaro della faccenda. Poi c’è quello oscuro. La rete la usano tutti, anche chi sostiene una cultura sessista, e conosce tutti i trucchi per diffondere messaggi discriminatori (omofobi, razzisti…). Veri e propri casi di cyberstalking per molestare, confondere, diffondere informazioni malate. E clonare pagine su Facebook: è successo alle Donne Ultraviolette (www.facebook.com/Donneultraviolette), comunità di 3 mila persone che fa “agitazione permanente” in maniera ironica e gioiosa. Se andate a cercarle su Fb, troverete una pagina uguale, dove però si parla di femminicidi e tecniche di abbronzatura. Potenza e pericolo della rete. Ma come ci si difende? «Non attraverso la censura. E nemmeno con l’attività di ronda antisessista. Bisogna lasciar fluire l’indignazione. Se cancelliamo le tracce di chi la provoca, facciamo lo stesso gioco di chi si nutre di sessimo», dice Eretica, una delle prime animatrici degli spazi virtuali femministi, prima con Femminismo a Sud (femminismo-a-sud.noblogs.org) e oggi con Abbatto i muri (abbattoimuri.wordpress.com), blog con 10 mila follower. Eretica non è l’unica a scegliere l’anonimato. Una realtà soprattutto italiana (all’estero si teme meno l’emarginazione), che accomuna i gruppi dai nomi collettivi (a/matrix, Ella de Riva, Le Ribellule). Il loro obiettivo: penetrare il web come un virus, muoversi leggere, rivoluzionare l’immaginario comune, sovvertire regole ed equilibri. Altre femministe utilizzano pratiche diverse, come le donne di Snoq che hanno promosso la campagna video partecipata (Un paese per donne: le parole per dirlo) in cui hanno fatto le loro richieste alla politica mettendoci spesso la faccia. Le battaglie da vincere sono ancora molte, ma per chi ha meno di 30 anni, come Laura Mango, tutto questo sarà possibile mettendoci più il sorriso dei pugni stretti: «Gli argomenti da affrontare sono molto seri, siamo d’accordo, ma la spinta alla vittoria può venirci dalla carica rivoluzionaria dell’ironia e della follia. Per intenderci: hai visto la home della pagina delle Femen (femen.org)? È così assurda da essere geniale!».

INTERVISTA A Clarence Edgard Rose, blogger: «Una risata cambierà il nostro mondo»

Ci dai le tue generalità?

«Mi chiamo Clarence Edgard-Rosa, ho 24 anni, vivo a Parigi, sono l’autrice del blog pouletrotique.com».

Perché in Francia si parla di te?

«Perché ho scelto di affrontare il sessismo con un approccio positivo: uso il senso dell’umorismo per coinvolgere le donne della mia età, che non scenderebbero in piazza ma che si sentono comunque offese per il trattamento che ci viene riservato. Parlo delle volgarità se indossi una minigonna, come delle censure ai nostri diritti».

Qual è la battaglia che oggi le donne devono combattere?

«Credo che la prima riguardi l’istruzione: è l’arma più efficace contro il sessismo. Se le ragazze crescessero per essere ambiziose e audaci, avrebbero maggiori probabilità di difendersi da sole e far sentire la loro voce».

La battaglia che hanno perso?

«Aver fatto sembrare il “femminismo” una brutta parola (è un ostacolo per chi cerca di difendere l’uguaglianza), aver considerato l’uomo soprattutto un nemico (noi li vogliamo alleati!)».

La battaglia che si rinnova sempre, perché non è mai vinta una volta per tutte?

«Quella contro il sessismo ordinario: a forza di ignorarlo per andare avanti ci siamo convinte che non esista davvero».

Alle donne della tua età vorresti dire…

«Non ascoltate chi vi dice che certe cose le ragazze non le fanno. E, anzi, disubbidite e fatele subito!».

Ea quelle che potrebbero essere tua madre?

«Uno: lavoriamo assieme perché ci sia un passaggio del testimone. Due: tenete conto delle complessità della nostra generazione».

 

Inchiesta pubblicata sul numero di Aprile di Glamour, www.glamour.it

 



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