Barbara Bonomi Romagnoli | «Voglio votare rivoluzione» – intervista a Daniele Sepe
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«Voglio votare rivoluzione» – intervista a Daniele Sepe

«Potremmo anche non parlare del disco, costa poco e chi vuole se lo compra, se lo tiene e se non gli piace se lo mette sotto il tavolo di cucina come zeppa e va bene lo stesso». È visibilmente scosso e spontaneo, come sempre, Daniele Sepe. Quando ci incontriamo a Roma, nella redazione del manifesto, per parlare del suo ultimo album [«Nia Maro», uscito per manifestocd] è da poco arrivata la notizia del rapimento di Giuliana Sgrena. Paura e incredulità si respirano nell’aria e nessuno sa da dove cominciare, se non dalla necessità e urgenza di capire i tempi che stiamo vivendo. Ma, come accade anche nel nuovo disco di Sepe, si naviga a vista e senza bussola, sostenuti dall’ironia e dal sapore delle parole.


Una conversazione a ruota libera dove, dice l’artista napoletano, «è proprio la realtà a tirarti per i piedi su altre cose. Perchè a me fa impressione sentire al telegiornale Piero Fassino parlare di quel giardino felice che sarebbe diventato l’Iraq e poi la mattina dopo ti ritrovi con questa situazione. Come si fa a non dire che non sono state libere elezioni se non ha votato una intera parte del paese? Come se un giorno Bossi dicesse ‘Va bene padani, non andate a votare alle elezioni italiane’, i padani non vanno e si dice che sta andando tutto bene, che è una bella prova di democrazia…».

Il disco si intitola «Nia maro», che significa «Mare nostro» in esperanto. Si tratta di una speranza, di una certezza o dell’attesa di una comunità e di una democrazia che vorremmo che ci fosse?
Sì vorremmo che ci fosse ma non c’è… La storia è che questo disco arriva dopo «Anime Candide», nel quale si parlava esclusivamente di guerra. Però non puoi sempre parlare di guai, la vita non è solo questo e c’è bisogno di ragionare anche in maniera diversa sulle cose. Questo disco vuole essere in primo luogo, un tentativo di avvicinarsi a piccoli passi alla cultura e musica araba. Anche le foto del booklet non stanno lì a caso.

Sono immagini a dir poco singolari e senza le didascalie…
Sì, è stata una scelta mia e soprattutto di Mario Laporta, che è il fotografo anche di «Anime Candide». Sono tutte immagini di pellegrinaggi che facciamo al sud: c’è quello di Verbicaro [un paese dell’alto Tirreno cosentino] con dei signori che ballano, in una sezione di Rifondazione comunista in piena confusione, con delle spugne di sughero e cera dove mettono pezzi di vetro e con quelle si battono le gambe. Poi c’è quello di Guardia Sanframondi, con i battenti che hanno delle specie di spazzole con i chiodi e con quelle si feriscono. Ho scelto queste immagini perchè quando è iniziata la guerra in Iraq ci hanno martoriato con le immagini del pellegrinaggio sciita dove si prendono a catenate sulle spalle e, senza voler essere neanche sottili, con quelle immagini ci dicevano «questi son selvaggi, dei fanatici, gente da educare perchè non sono capaci di badare a se stessi». Per questo non c’è didascalia sotto le foto: è Verbicaro ma potrebbe essere anche Nassyria.

Quindi hai scelto queste immagini per rifiutare lo scontro di civiltà. Ma sono scene forti, che scuotono. Da dove cominci per lanciare un messaggio diverso?
Ti rispondo che dio non esiste e se esiste non deve essere per forza nella vita di tutto. Io penso che la prima cosa è avere una società comunque laica. Mi spaventa sentir parlare di integralismi e fondamentalismo religioso, intendendo solo quello degli arabi e dei musulmani, quando sappiamo che Bush e tutta la sua accolita sono dei fanatici religiosi evangelisti o quando noi abbiamo un ministro che impone di esporre il crocefisso in classe mentre la scuola deve essere laica e aperta a tutti… E poi scusa, i bambinii atei non esistono più? C’è o no la possibilità di avere una società laica dove i conflitti tra persone si risolvano per quello che sono? O conflitti di interesse o problemi di convivenza ma la religione proprio non la comprendo. Penso che un bel po’ di responsabilità l’abbia anche il nostro papa Wojtyla. Se oggi rifacessimo il referendum sull’aborto lo perderemmo.

Però c’è chi si oppone a tutto questo. Il movimento della pace di questi anni lo fa in tanti modi diversi. Che ne pensi? Ti ritrovi nelle sue pratiche e nei suoi contenuti?
Oddio, a me fa un po’ impressione dirlo proprio ora, però non dovremmo muoverci solo perchè c’è un rapimento. Dovremmo muoverci semplicemente quando sentiamo Fassino dire delle cose sconvolgenti oppure quando le dice Rutelli. Se Berlusconi fa quel che fa, io penso che loro avrebbero fatto lo stesso. Tutti e due servono lo stesso padrone e avere un proconsole un po’ più simpatico o antipatico a me non interessa. A questo popolo della pace, e so che la maggior parte è diessina, chiedo: visto che Fassino ha detto che in fin dei conti le truppe stanno bene là e hanno portato la democrazia – questo alla fine è il ragionamento – perchè anzichè aspettare la prossima mossa di Blair, Bush o Berlusconi non chiedete un intervento armato per portare la democrazia negli Emirati arabi? In Arabia Saudita? Anche lì sembra ci sia un deficit di democrazia… Perchè voi diessini, siete compagni – oddio unn’o ssaccio se siete compagni -, non vi mobilitate per la democrazia anche lì? Si pò ffa? Penso di sì, se siamo compagni una cosa giusta per Tizio deve esserla pure per Caio…
Inizio a pensare che abbiamo una base che continuamente fa finta di essere una altra cosa e un vertice che è invece molto meglio della base. Ho sempre pensato che la base del centrosinistra, Ds e i girotondi intendo, fosse molto meglio dei loro dirigenti invece poi ci sono questi congressi e queste elezioni e mi viene da pensare che sono meglio i vertici che stanno lì sulla poltrona, perdono l’elezioni e là stanno. Sono bravissimi, no?

Ma il movimento della pace non è solo composto da Ds. È molto più vasto e si mobilita e costruisce alternative ogni giorno su molti temi…
Ma noi contiamo meno del due di coppe. Come si esplicita questa situazione? Quando il movimento è visibile, vedi il caso di Vendola in Puglia, immediatamente qualcuno ci mette il coperchio perchè le primarie – grande prova di democrazia, sempre ‘ste cose all’americana – erano una grande prova finchè hanno pensato che vincesse il loro candidato della Margherita, quando poi ha vinto Vendola si sono scatenati dicendo: «Sì sì la democrazia è bella ma non siamo ancora pronti per esercitarla». Mi pare un discorso un po’ strano… Certo il potere difende i suoi diritti acquisiti e tutti sappiamo che Fassino, D’Alema, Prodi, Berlusconi, Fini stanno lì perchè ce li tengono gli Stati uniti. Non è cambiato molto rispetto a quando avevo diciotto anni e sapevamo che dietro altre cose c’era la Cia, che Andreotti se la faceva con gli Stati uniti. Quando D’Alema è stato eletto, anzi ha fatto il colpo di stato e s’è pigliato Prodi, la prima cosa che ha fatto è stato andare negli Stati uniti a rendere ossequi. E ricordiamoci che in quel momento c’era stata la strage del Cermis e lui non ha fatto nulla, non ha strappato un minimo di giustizia per le famiglie delle vittime.

Hai nominato le primarie. Carta da qualche mese ha lanciato le «secondarie». Cosa voteresti?
La rivoluzione, non c’è scampo. Penso alla realtà molto diversa e più difficile della nostra come quella sudamericana, lì abbiamo l’esempio di due personaggi, completamente diversi, Lula e Chavez. E Lula non si sta certo comportando da bravo bambino con il piede su due staffe. Prendono schiaffi tutti e due se è il caso, con la differenza che Chavez a modo sue delle riforme le ha fatte. In un mondo come questo, nel 2005, così tetro da pensare di essere nel 1930, dove quello che davamo per scontato viene tolto o snaturato, dalle pensioni all’Onu, Chavez piglia la carta e fa la riforma e resiste a tentativi pesantissimi di colpi di stato e controrivoluzioni. Questo per dire che al primo punto dovremmo fa’ sta cazzo di rivoluzione, io ormai ho una età ma tocca che la si fa. Fatela!

pubblicato su Carta 8/2005, www.carta.org



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