Barbara Bonomi Romagnoli | Speciale Covid 19 – Intervista a Leila Victoria Methnani, Angelica Di Pietro e Giovanna Mola
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Speciale Covid 19 – Intervista a Leila Victoria Methnani, Angelica Di Pietro e Giovanna Mola

Roma 27 aprile 2020

“Quando il mio WhatsApp è stato invaso dall’ennesimo audio-catena dell’amico dell’amica della zia del vicino del medico dell’ospedale X che mi invitava a fare indigestione di vitamina C contro il coronavirus, ho subito capito che qualcosa anche tra i miei contatti non andava, ed ho intuito che le fake news presto sarebbero state le mie nuove colleghe di lavoro”: Leila Victoria Methnani ha 24 anni ed è neolaureata in Comunicazione scientifica biomedica all’Università La Sapienza di Roma.

Con Angelica Di Pietro, collega in Comunicazione scientifica biomedica, e Giovanna Mola laureata in Biotecnologie Genomiche, all’indomani del titolo preso hanno provato ad affacciarsi al mondo del lavoro e si sono trovate dinanzi il Covid-19.

Per cui come il resto della popolazione si sono ritrovate in isolamento e “abbiamo iniziato a sentirci tramite videochiamate – racconta Methnani – e tra un video aperitivo e un video allenamento, abbiamo iniziato a vedere circolare le fake news anche sulle nostre personali bacheche e abbiamo deciso che fosse doveroso intervenire con gli strumenti acquisiti con le nostre rispettive lauree.”

“Perché in un momento in cui il nostro Paese si trova ad affrontare una delle crisi sanitarie peggiori della Storia – aggiunge Di Pietro – una corretta comunicazione scientifica è alla base di un comportamento responsabile e consapevole di cittadine/i”.

Il corso di laurea in Comunicazione scientifica biomedica è l’unico in Italia a fornire una formazione specialistica nell’ambito della divulgazione medico-scientifica: se non si conosce com’è fatto un vaccino come si può pretendere di comunicarlo?

È così che è nata #DISINFETTIAMOLEPAROLE, campagna social lanciata in collaborazione con l’Università La Sapienza, sostenuta dalla presidente del corso Micaela Liuccio e supervisionata dal comitato scientifico del corso stesso.

La campagna, attraverso infografiche semplici e chiare, vuole fornire a giovani e studenti le informazioni scientifiche necessarie a proteggersi dalle fake news.

“I materiali che utilizziamo e che trasformiamo in infografiche sono materiali del Ministero della Salute (o di altri siti istituzionali) oppure paper scientifici” – aggiunge Methnani – “Abbiamo iniziato a divulgare la Campagna tramite il profilo “Combiomed” utilizzando Facebook e Instagram, grazie anche alla visibilità che ci ha dato La Sapienza con i suoi social. Avendo un target giovane, abbiamo poi pensato di creare una pagina Instagram esclusivamente dedicata alla Campagna Disinfettiamoleparole”.

Fra le fake news più comuni quelle su come lavarsi tornati a casa, il ruolo della vitamina C, l’uso di candeggina o altri ritrovati casalinghi per eliminare il virus.

Secondo Di Pietro: “In un momento in cui si ha fretta di comunicare, il rischio è quello di scrivere con leggerezza e dar vita a teorie complottiste che mettono a dura prova la comunità scientifica. L’errore più grande è stato alimentare e rendere virali notizie, senza alcuna evidenza scientifica, che hanno contribuito alla perdita di fiducia verso gli unici punti di riferimento che abbiamo: la scienza e le istituzioni. Credo sia stato inevitabile istituire una Task Force a livello governativo per combattere le fake news dare un aiuto per destreggiarsi nell’overload di informazioni.”

Finora son state positive le reazioni all’iniziativa, con anche poche ricadute sessiste nei confronti delle tre ideatrici. Sessismo di cui non è esente il mondo medico-scientifico come racconta Mola: “nel panorama scientifico l’uomo è stato sempre al centro dell’attenzione, ne è un esempio la scoperta della struttura a doppia elica del Dna; per giungere a questa brillante scoperta fondamentali sono stati gli studi effettuati da Rosalind Franklin, ma ad oggi se passeggiamo fuori ad un liceo scientifico o a qualsiasi facoltà scientifica e chiediamo agli studenti qual è il nome dei ricercatori che hanno effettuato questa scoperta la risposta è “James Watson e Francis Crick” e lo dicono anche con un fare da saputelli, come se la cosa fosse palesemente scontata. Per fortuna oggi ci ritroviamo di fronte ad una realtà differente rispetto a quella del 1953, dove le pubblicazioni scientifiche sono ricche di nomi di donne che si trovano a capo di gruppi di ricerca di inestimabile valenza”.

Così come sono numerose le ricercatrici che stanno studiando il Covid-19 e quelle che aiutano a diffondere la corretta informazione: “Mai come in questo momento, la scienza è entrata nelle case di ognuno di noi. Ci accompagna mentre facciamo la spesa per capire quale sapone igienizzante dobbiamo comprare, o mentre facciamo le pulizie domestiche e provvediamo a disinfettare le superfici – conclude Mola – Per saperla maneggiare bene però bisogna conoscerla, e ancora prima “disinfettarla” dalle fakenews e false supposizioni”.

 

pubblicato sul Network italiano Salute Globale



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