Barbara Bonomi Romagnoli | Questo giorno ci ha R8 – scritto in collaborazione con Rosa Saugella
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Questo giorno ci ha R8 – scritto in collaborazione con Rosa Saugella

Verrebbe da non crederci, eppure c’è chi ha preso molto sul serio l’iniziativa di Giuliano Ferrara. Il consiglio comunale di Chioggia lo scorso 8 febbraio ha approvato la moratoria contro l’aborto con una mozione in cui c’è scritto che l’aborto è “omicidio premeditato” e che il Comune aderisce alla campagna per “intaccare” la legge 194. Il tutto deciso in un consiglio comunale “riunito alle 3 del mattino per votare una mozione che invece di restituire dignità e strumenti di intervento ai malfinanziati consultori e difenderne la laicità, escogitare dispositivi di difesa di una legge voluta dal 70% degli italiani, mira ad offendere e condannare le donne”, come raccontano le donne dell’assemblea di Venezia e Mestre (www.vengoprima.noblogs.org).

Come se non bastasse, Ferrara ha deciso anche di promuovere una manifestazione a Roma il prossimo 8 marzo. La città non sarà però tutta sua perché anche Cgil Cisl e Uil hanno deciso di organizzare una grande iniziativa a Roma per costruire la cosiddetta “Piattaforma di genere Unitaria” e celebrare l’ipotetico centenario dell’8 marzo (vedi scheda).
Mimose a volontà dunque che agitano strumentalizzazioni e polemiche, elettorali e non, come quelle che nei giorni scorsi hanno visto contrapposte alcune rappresentanti della Cgil e le femministe e lesbiche protagoniste del nuovo sommovimento femminista. Mimose certamente inquinate da un clima teso e oscurantista in generale, nel quale può accadere come a Bologna lo scorso sabato che alcune militanti dell’Udi (Unione donne in Italia) siano state fermate mentre volantivano e portate in questura, dove dopo averle fotografate e dopo averne registrato le impronte digitali, sono state trattenute quattro ore senza motivo. Non sarà quindi un 8 marzo qualunque, probabilmente come scrivono sul blog Sorelle d’Italia sarà l’8 marzo “ più affollato e strumentalizzato che l’Italia ricordi da tempo. E mentre i poveri vivaisti tremano al pensiero di non essere pronti dinanzi a tanta abbondanza di clienti di mimose, perché non far tremare anche politici e politichesse, e lasciarle vuote le piazze, le strade di tutt’Italia?” Una provocazione interessante che raccoglie consensi anche nell’arcipelago femminista che ha deciso, dopo la due giorni di Roma di febbraio scorso, di organizzare, in chiara contrapposizione con la manifestazione indetta dai sindacati, un 8 marzo territoriale che moltiplichi piazze e presidi con uno slogan comune “
Tra la festa il rito e il silenzio… scegliamo la lotta!”. Più che uno slogan vuole essere ancora una volta un invito a smontare stereotipi e luoghi comuni sulla femminilità e la donna che, come sostengono le Maistatezitte di Milano: “l’8 marzo vorrebbe tanto starsene a farsi i fatti propri (non sopporta più quella data e ripete “mi hai r8 marzo”), ma scenderà comunque per strada – in un luogo insolito – con il suo gioco dell’oca incazzata per incontrare altre donne, condividere e tramare con loro”. Il collettivo milanese ha appena lanciato la campagna “Obiettiamo gli obiettori”. Per avere “il diritto di scegliere da chi farci curare, pretendendo un rapporto di fiducia, trasparenza e assunzione di responsabilità con la persona a cui affidiamo la nostra salute. Significa, quindi, pretendere dalle Asl, dai Consultori e dagli Ospedali l’elenco del personale medico-sanitario che pratica l’obiezione di coscienza” (www.vieneprimalagallina.org).

Una proposta che ha già raccolto molte adesioni da diverse città e verrà ripresa nelle tante iniziative in giro per l’Italia, tra queste quella organizzata a Udine dalla rete delle donne friulane che scenderanno in piazza nonostante “l’8 marzo non lo possiamo proprio più festeggiare” perché se “la polizia irrompe in un ospedale e interroga una donna appena uscita dalla sala operatoria, accusandola di feticidio, siamo di fronte ad un salto di qualità: non più solo spiacevoli e sciocche prese di posizione maschili ed integraliste, ma una sorta di dichiarazione di guerra contro la libertà e l’autodeterminazione delle donne”.
A Roma hanno deciso di sottrarsi al rito dell’8 marzo anche con la scelta della data, un corteo cittadino è previsto per oggi, 7 marzo, e c’è chi ha lanciato la proposta di recuperare la bell’idea avuta dalla Pink Gang, un gruppo di attiviste indiane che ha scelto di vestirsi con sari rosa shocking, vanno in giro per contrastare la corruzione delle forze di polizia e dire basta alle violenze domestiche e sessuali. Sono donne della casta degli intoccabili armate di lathi – i bastoni tradizionali – per dare addosso agli uomini che sono stati violenti con le loro mogli o le hanno abbandonate, le donne della Pink Gang ce l’hanno anche con i poliziotti che hanno rifiutato di registrare denuncie di stupro. E non risparmiano neanche loro.
Ma c’è anche un’altra suggestiva proposta che è passata in Rete: fare come Le barbe parigine, acuto collettivo femminista che ha deciso di prendere parola e potere a colpi di barba (
http://web.mac.com/harriet6/La_Barbe/Le_Manifeste.html). Chissà che non diventi un otto marzo irriverente e che si interrompa la retorica del rito.

 

pubblicato su Left, www.avvenimentionline.it



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