Barbara Bonomi Romagnoli | Quante trame sul tappeto – Seh Zan, il cinema persiano al Medfilmfestival
330
post-template-default,single,single-post,postid-330,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,select-theme-ver-1.6.1

Quante trame sul tappeto – Seh Zan, il cinema persiano al Medfilmfestival

Tre donne: una nonna, una madre, una figlia. Tre generazioni che raccontano l’Iran di oggi tra tradizione e modernità, insieme a loro il tappeto, simbolo di un antico patrimonio culturale in trasformazione e un viaggio che da Teheran arriva alle regioni desertiche di questo grande paese, per riportare a casa la più piccola in fuga.

È questo il tema scelto da Manijeh Hekmat, una delle registe più interessanti nel panorama del cinema iraniano degli ultimi decenni, per il suo secondo lungometraggio Seh Zan [3 Women] presentato alla XIV edizione del Medfilmfestival di Roma. Hekmat, come sceneggiatrice e aiuto regista ha lavorato in oltre venticinque film, tra i quali The Girl in the Sneakers, film tedesco ambientato nel Kurdistan iraniano.


In Seh Zan torna a descrivere l’universo femminile, dopo essersi occupata nel 2002 delle carceri femminili in Iran con Zendan-e Zanan, film frutto di due anni di lavoro sulla sceneggiatura e ricerche sul campo, 42 incontri con le autorità iraniane per avere i permessi per girare e 75 giorni di riprese.
In questo nuovo lavoro Hekmat racconta le relazioni tra donne accomunate da legami di sangue ma che faticano a comunicare e forse anche a tessere un filo comune, scegliendo come oggetto simbolo del film il tappeto. Al festival di Berlino, dove il film era presente nella sezione Panorama, la regista ha dichiarato che con il tappeto ha “voluto sottolineare che senza una memoria storica difficilmente i nostri giovani potranno aprire la strada verso un futuro migliore. Forse, se la mia generazione prestava attenzione al nostro passato, oggi vivevamo in un paese migliore”.
A presentarlo a Roma è venuta una delle interpreti principali, Niki Karimi, che ha recitato la parte della donna di mezzo, la quarantenne Minou. Artista considerata la star del cinema iraniano contemporaneo, Karimi vanta una grande esperienza come attrice, regista e anche come traduttrice dall’inglese. Sua infatti la versione in persiano dell’autobiografia di Marlon Brando nel 1999.
Ha iniziato da piccola con il teatro e il suo debutto cinematografico come attrice risale al 1989 con il film Temptation di Jamshid Haidari. È stata assistente alla regia di Abbas Kiarostami nel film Il vento ci porterà e nel 1995 ha vinto il premio come miglior attrice per “Sara” del grande regista Darioush Mehrjouii sia al Festival di San Sebastian che al Nantes Film Festival.
Kiarostami è stato anche il produttore del suo primo documentario sulla infertilità, “To have or not to have” [2001] e nel 2006 alla Festa del Cinema di Roma è stato presentato il suo secondo lungometraggio “A few days later”.
“L’esperienza con Mehrjouii mi ha insegnato a lavorare sui minimi particolari, sui dettagli – racconta Karimi – e questo vale per tutti coloro che lavorano con lui, dalle attrici ai tecnici tutti devono essere completamente preparati, mentre Kiarostami mi ha insegnato l’improvvisazione, lui è convinto che non si debba sapere nulla quando si va davanti alla macchina da presa”. Niki Karimi è stata anche una delle 127 attrici protagoniste, a fianco di Juliette Binoche, del film Shirin di Kiarostami, presentato all’ultimo festival di Venezia. Un film ma anche un saggio teorico sullo spettatore e sui “riti” del guardare a partire dal buio della sala, nel quale “Abbas ci ha chiesto di guardare avanti e cercare di diventare tristi pensando a qualcosa che ti fa piangere, che ti fa venire il magone – spiega l’attrice iraniana – le persone normalmente devono vedere qualcosa per ridere o piangere, noi attrici possiamo anche immaginare e reagire alla nostra immaginazione. Lui non ci ha detto come avrebbe montato il film, tant’è che ogni attrice ha un modo diverso di piangere e tutto il gioco era nel dimostrare questa diversità di reazione”. Appare molto sicura di sè Karimi, certamente accetterebbe di nuovo di lavorare in Shirin ma tra le varie attività cinematografiche preferisce la regia “perché il godimento che si prova a stare dietro la macchina da presa è molto differente dal recitare – prosegue Karimi – lo scorso mese a Teheran ho esposto delle mie fotografie per la prima volta e ho scoperto che anche nel fare la fotografa provo una certa gioia. Ovviamente continuo a prendere in considerazione come attrice una bella sceneggiatura…”.
Infatti con Hekmat è tornata dietro la macchina da presa per interpretare “una donna che si sente estranea nella società in cui vive, separata da un marito con cui ha ancora problemi – racconta Karimi – ma soprattutto una donna forte che ha sempre pensato di avere una strada da seguire e ad un certo punto si accorge che non è così. Una donna che non ha mai espresso le sue necessità e ora per la prima volta chiede aiuto, anche se la società le ha sempre imposto di svolgere il ruolo della donna forte”.
Una immagine di donna che secondo Niki Karimi corrisponde a uno dei modelli femminili, molto diversi tra loro, presenti oggi nella società iraniana descritta dal film. Karimi è convinta che sono molte le donne nell’Iran odierno, dalle più note come Shirin Ebadi e Marjane Satrapi alle persone comuni, ad essere impegnate nella rivendicazione di diritti, a richiederli e fare qualcosa per ottenerli.
“Per la situazione in cui l’Iran si trova e che tutti conosciamo – ha aggiunto Karimi – chiunque nel suo ambito ha qualcosa da dire. Nell’ultimo anno il cinema iraniano ha subito grossi tagli, lo stanno praticamente distruggendo. La situazione è tale che a nessun produttore conviene più investire nel cinema, è sicuramente un periodo difficile per la produzione indipendente. I film commerciali continuano a farli perché sono quelli che la gente guarda per non pensare ad altro”. Tra i futuri progetti dell’attrice c’è la realizzazione del suo terzo film al quale ha lavorato otto mesi “è un film che sull’onda dei primi due che ho fatto vorrebbe approfondire ancora di più delle tematiche sociali”. La sceneggiatura è pronta manca solo l’autorizzazione del ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico per poter cominciare le riprese.


pubblicato su Left, www.avvenimentionline.it



Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi