Barbara Bonomi Romagnoli | Edonismo libertario contro il liberismo – intervista a Michel Onfray
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Edonismo libertario contro il liberismo – intervista a Michel Onfray

Alle scorse presidenziali ha sostenuto l’importanza di presentare un candidato unico della sinistra alternativa in opposizione alla socialista Ségolène Royal, da lui definita «il trionfo del vuoto di fondo», e poi ha dichiarato che avrebbe votato scheda bianca al ballottaggio tra Royal e Sarkozy. È stato aspramente criticato per questo e anche per aver accettato di incontrare, in campagna elettorale, il candidato della destra per conto della rivista Philosophie Magazine.

Insomma, Michel Onfray, filosofo francese che si autodefinisce “ateo di servizio”, non smette di suscitare polemiche e dibattiti e resta un personaggio scomodo e controcorrente. Ma sono certamente voci diffamatorie quelle che vorrebbero il filosofo un personaggio doppio, addirittura assoldato da Sarkozy. Per togliere ogni ombra di dubbio, alla mia domanda su cosa pensa del nuovo Presidente francese, risponde così: «Penso che Sarkozy sia molto abile, al punto di far dimenticare di essere un uomo di destra, e della destra più pericolosa. La sua strategia d’apertura è volta non tanto all’allargamento ideologico, quanto all’asservimento di un’opposizione disorientata dall’incredibile leggerezza di Ségolène Royal e dall’incredibile stato di disfacimento del partito socialista, venduto al liberismo dai tempi di Mitterand nel 1983. Se il Partito socialista vuole tornare ad essere un partito di sinistra non vedo grosse complicazioni, ci sono dei valori fondamentali della sinistra, basterebbe che se ne rimpossessasse…».
Una posizione radicale, dunque, quella di Onfray, da sempre partecipe e sostenitore della sinistra libertaria e alternativa. Come espresso più volte nei suoi libri, il filosofo intende prima di tutto fare piazza pulita di qualsiasi tipo di dogma religioso, politico ed economico per approdare a quella che lui definisce “un’erotica solare”, ossia “godere del piacere di esistere”. L’ultimo testo tradotto in Italia è La scultura di sé. Per una morale estetica (Fazi editore, pp. 252 pagine, euro 15,00), un invito a resistere all’omologazione ma anche alla morale capitalistico-borghese, un racconto popolato da figure della tradizione non soltanto filosofica e un viaggio alla ricerca di una nuova etica.


La scultura di sé è un testo sull’autocostruzione: ognuno può trovare la propria via per una vita perfettamente vissuta. Qual è la sua ricetta?

Penso che lei sappia che, avendo risposto a questa domanda libro dopo libro, con una trentina di testi, non posso rispondere in poche righe dando delle “ricette”! In poche parole, posso dire che la morte è l’unica certezza metafisica che possediamo, dunque si tratta, in attesa della propria ora, di fare della vita che la precede una perpetua occasione di giubilo per sé e per gli altri. E’ necessario essere ben presenti e saldi al reale, e voler mutare le negatività in positività. La realtà non è mai né bianca né nera, bisogna desiderare la chiarezza contro l’oscurità, la solarità contro la notte e costruire la propria vita per ottenere il massimo di libertà personale. Rifiutare quindi la tirannia dei soldi, la corsa agli onori e al potere, evitare ciò che ostacola la libertà – matrimonio, fedeltà, monogamia, procreazione, coabitazione – e pianificare il proprio tempo per averne sempre più per se stessi. Ecco, in due parole. Ma nei miei libri suggerisco anche soluzioni politiche, bioetiche, pedagogiche…

Il saggio è costruito attorno a delle figure particolari (il dandy, il samurai, l’anarchico…). A quale di queste è più affezionato?

Senza dubbio il libertino, colui che si dà il compito di costruire la propria libertà e che rifiuta qualunque legame che intralci il processo di costruzione del sé come soggetto autonomo. Diversamente dall’anarchico, non ha un temperamento politicante, ma ontologico.


Nel suoi testi critica senza appello le religioni. Non teme che anche l’edonismo, nella chiave individualista che lei propone, possa diventare una religione, una sorta di fanatismo laico?

Nessuno è al riparo dal delirio interpretativo! Abbiamo fatto diventare Nietzsche un filosofo nazista, perciò anche l’edonismo può essere interpretato come una religione integralista e fanatica… ma chi mi legge non troverà nessuna fascinazione per la religione e lo stesso vale per il fanatismo. Mi accontento di predicare una filosofia radicale, senza condiscendenze per l’irrazionale o l’irragionevole, che sono di nuovo forme religiose.


L’altra faccia dell’edonismo può anche essere un liberismo sfrenato. Cosa pensa a riguardo delle teorie sulla decrescita?

Ho scritto un libro intitolato Politica del ribelle , nel quale preciso la natura della mia battaglia politica antiliberista e a fianco della sinistra libertaria. Come potrei sentirmi soddisfatto di un edonismo liberista? Edonismo non vuol dir niente senza una qualificazione che gli dia significato. Esiste l’edonismo liberale, è il “consumerismo” e la devozione alla società dei consumi. Devo precisare che non rappresenta il mio pensiero? Io propongo un edonismo libertario, un edonismo dell’essere che si oppone radicalmente a quell’edonismo dell’avere che è l’edonismo liberale.


Il suo pensiero fa riferimento anche al femminismo. Non crede che sia necessaria una maggiore critica al sistema patriarcale – in Francia la violenza alle donne è all’ordine del giorno – per poter davvero parlare di libertà per donne e uomini?

Ovunque su questo pianeta, e da sempre, le donne sono sfruttate. La forma di questo sfruttamento è meno visibile nelle società occidentali rispetto a quelle ancora indietro sul piano dell’uguaglianza dei diritti. Bisogna dare la caccia e combattere il sessismo e la misoginia. Ma spesso constato, almeno in Francia, che donne autoproclamatesi femministe sono poi più attente a rivoluzionare la semantica – scrivendo “autora” per esempio (in francese “auteur” è sia maschile che femminile, n.d.r.) – che le condizioni sociali patogene dovute all’instabilità del capitalismo liberista.


Come funziona l’università popolare di Caen? Chi sono i suoi studenti?

E’ un’università libera, nella quale accogliamo tutti, senza preoccuparci di diplomi o livelli. I corsi sono tenuti da docenti volontari e sono gratuiti. Non controlliamo le conoscenze, non verifichiamo l’acquisizione del sapere, perché la cultura serve a livello personale, soggettivo, per una crescita individuale. Teniamo corsi di idee femministe, di politica, cinema, jazz, letteratura, c’è anche un laboratorio di filosofia per i bambini e facciamo seminari d’arte contemporanea, di psicoanalisi e di filosofia. Nella prima ora di lezione il docente espone i contenuti, durante la seconda tutti i presenti propongono domande e riflessioni. Al mio seminario settimanale partecipano ogni volta più di 600 persone. Una loro descrizione per tipologia sociologica è impossibile, poiché ci sono ricchi e poveri, giovani e vecchi, uomini e donne, persone che arrivano dai dintorni di Caen e altre che attraversano l’Atlantico per venire fin qui.


Un’ultima domanda. In che modo la filosofia può contribuire al raggiungimento della pace?

Non molto… Non è la filosofia a scatenare le guerre, non può dunque impedirle. Deve fare la sua parte, sapendo che la sua è una lotta disperata, ma da portare avanti comunque.

 

pubblicato su Liberazione, www.liberazione.it



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